(foto archivio)
di Luca Cerchiari
Ricordo le discussioni anni Settanta-Ottanta relative all’organizzazione di rassegne, festival e stagioni di musica afro-americana. Nel pieno del boom di festival di massa, ora attrattivi ora confusi, il dibattito sui criteri era vivace. Una delle linee più serie fu suggerita da Luigi Pestalozza, responsabile musicale del partito comunista italiano, che proponeva, similmente alla gestione di enti concertistici e lirici, la necessità della nomina di un direttore artistico. La cosa fu attuata, nell’area politico-culturale cui Pestalozza faceva riferimento, con la scelta di un responsabile di settore, Filippo Bianchi, mentre altrove la confusione tra interessi impresariali e scelte artistiche latitava, il che non necessariamente corrispondeva a quella qualità che solo un’ottima preparazione del direttore artistico poteva garantire. Bianchi però finì, pur nella competenza organizzativa, a interpretare l’ideologia, coinvolgendo quasi solo musicisti afferenti alla visione politico-progressiva del tempo, che escludeva qualsiasi stile non contemporaneo, o quasi.
Al tramonto dell’ideologia ha corrisposto la crescita della musicologia. I direttori artistici sono cresciuti in numero e preparazione; il passato è stato riconsiderato e la qualità tecnico-organizzativa è cresciuta. Lo testimoniano, alla lontana, due stagioni imminenti.
La prima è quella del Cat Club asconese. Il lavoro di Nicolas Gilliet, musicista e appassionato, ne fa una chicca della programmazione europea, grazie anche all’efficace supporto di Luca Martinelli nella comunicazione. Insensibile a mode e condizionamenti, Gilliet spazia attraverso gli stili, con la consapevolezza dei valori anche classici del jazz e degli stili connessi. “Intorno al jazz”, così si potrebbe definire la rassegna del Cat Club, che inizia lunedì 17 alle 20.30 con Vanessa Rubin, cantante nella scia di Carmen McRae, che privilegia un repertorio di song e di brani del jazz classico e moderno; con lei, Danny Grisset al pianoforte, Darryl Hall al contrabbasso e Mario Gonzi alla batteria. Poi, il Teatro del Gatto propone il chitarrista John Pizzarelli il 7 novembre e uno storico gruppo “crossover”, il brasiliano Azymuth, il 14 novembre. Stagione attraente, mancano solo incontri culturali di complemento ai concerti e programmi di sala.
Al Teatro Manzoni di Milano l’esperto Gianni Gualberto, da poco critico del periodico Classic Jazz, presenta l’ennesima stagione di musiche comprese tra il jazz, l’avanguardia e le incursioni nella musica ebraica. La rassegna inizia domenica 30 ottobre con un ensemble dedito alla musica di Miles Davis, il San Francisco Jazz Collective di David Sanchez e Kevin Eubanks, prosegue il 13 novembre con l’orchestra di Abi Lebovich, presenta Frederic Rzewski a dicembre e si impenna nel 2017, anno del centenario del jazz, con Joe Daley, Leo Smith-Vijay Iyer e Roscoe Mitchell. Aperitivo in concerto privilegia “produzioni originali”, come suggeriva un tempo Luigi Pestalozza. Non è poco: significa - anche se talora costa - sottrarsi ai condizionamenti dei tour preconfezionati e del mercato.